(A cura di Valerio Ferlizzi)
Volendomi ricollegare al precedente articolo, nel quale, come si ricorderà, è stato affrontato il tema della collaborazione tra sicurezza pubblica e privata, un processo virtuoso peraltro in continua evoluzione per ridurre il cosiddetto “rischio residuo”, appare chiaro che tale sinergia trova la sua massima espressione in alcune specifiche circostanze tra cui sicuramente va ricompresa quella posta in essere in occasione di un evento pubblico.
Al fine di meglio inquadrare tale argomento, appare opportuno riprendere alcuni fondamenti del nostro quadro normativo, in particolare mediante l’articolo 17 della Costituzione, il quale recita: “I cittadini hanno diritto di riunirsi pacificamente e senz’armi.
Per le riunioni, anche in luogo aperto al pubblico, non è richiesto preavviso.
Delle riunioni in luogo pubblico deve essere dato preavviso alle autorità, che possono vietarle soltanto per comprovati motivi di sicurezza o incolumità pubblica.”
Analizzando le parole usate dal legislatore, è evidente come l’intenzione sia quindi quella di riconoscere ad un gruppo di persone la libertà di potersi riunire purché tutto ciò avvenga chiaramente senza dar luogo ad episodi di violenza o, più in generale, a situazioni che possano compromettere l’ordine e la sicurezza pubblica.
Tutto questo ci riporta al primo comma dell’articolo 1 del TULPS, mediante il quale si è inteso attribuire all’Autorità di P. S. il compito di garantire la sicurezza dei cittadini oltre che la tutela della proprietà e dell’ordine pubblico, tutti concetti poi ripresi nella legge 121 del 1981, dove il legislatore, all’articolo 24, riferendosi al mantenimento del suddetto, ha voluto meglio specificare il concetto di tutela di esercizio delle libertà e dei diritti dei cittadini.
Con il conferimento delle funzioni e dei compiti amministrativi dello Stato alle Regioni ed agli enti locali, all’articolo 159, comma 2, viene definito il concetto di ordine pubblico, definendolo come “il complesso dei beni giuridici fondamentali e degli interessi pubblici primari sui quali si regge l’ordinata e civile convivenza nella comunità nazionale, nonché alla sicurezza delle istituzioni, dei cittadini e dei loro beni”.
È chiaro che tutta questa attenzione deriva dal fatto che ogni evento, in base alla tipologia, al numero dei partecipanti o alla presenza di eventuali “contromanifestazioni”, ha una storia a sé e in quanto tale merita quindi una serie di attività preventive utili alla corretta gestione di quanto previsto dall’organizzatore, non escludendo comunque la possibilità di eventuali improvvise situazioni di rischio.
A questo punto, richiamando il concetto di sussidiarietà, va da sé che lo Stato, per contrastare la minaccia e quindi soddisfare sempre più quell’esigenza primaria della collettività, dovrà fare ricorso a dei partner privati, coinvolgendoli sempre più nell’assolvere tutte quelle attività operative sulle quali continuerà certamente a conservare un potere di vigilanza e supervisione.
Entrando nello specifico del tema e senza voler riprendere gli ormai noti riferimenti normativi riguardanti gli “addetti al controllo” e lo “steward”, come si ricorderà, l’episodio che ha profondamente segnato un profondo cambiamento sia nell’organizzare che nel gestire un evento pubblico, tanto in termini Safety che di Security, ma anche di emergency, è certamente da ricondurre a quanto accaduto a Torino, la sera del 3 giugno del 2017, in occasione della finale di Champions League, durante la quale persero la vita 3 persone.
A seguito del suddetto tragico evento, l’allora Capo della Polizia, Dott. Franco Gabrielli, emanò una circolare nella quale, in sintesi, furono stabilite le condizioni fondamentali per un corretto svolgimento dell’evento stesso, andando ad interessare le tre principali fasi, ovvero l’afflusso, lo svolgimento e il deflusso.
In particolare, oltre a stabilire gli obblighi imposti all’organizzatore, chiama espressamente in causa il comparto della sicurezza urbana, ricordando che per il corretto svolgimento dell’evento, è necessario impiegare un adeguato numero di operatori che abbiano ricevuto un’adeguata formazione specifica, chiamati a svolgere mansioni di accoglienza, instradamento, regolamentazione dei flussi, osservazione e assistenza del pubblico.
Inoltre, viene sottolineata la necessità di integrare le differenti attività svolte dal personale con la tecnologia, mediante l’utilizzo di un impianto di video sorveglianza il quale può essere collegato con la sala operativa della questura competente.
Volendo a questo punto riprendere le differenti fasi di un evento, possiamo certamente affermare che mentre l’afflusso è più o meno prevedibile, grazie a tutte quelle attività predisposte anche attraverso i dati che gli organizzatori hanno l’obbligo di condividere con le competenti autorità, il deflusso può non seguire, anzi quasi mai segue, dei canoni precisi.
Ciò è riconducibile alle modalità di allontanamento dei partecipanti dal luogo dell’evento, i quali possono ad esempio abbinare l’occasione ad un personale interesse turistico, riversandosi in modo del tutto imprevedibile, anche in altre aree urbane se non addirittura in altre città del territorio nazionale.
Questo fa comprendere quindi che l’Autorità di Pubblica Sicurezza dovrà continuare a monitorare la situazione, non escludendo il coinvolgimento anche di altre Autorità Provinciali di Pubblica Sicurezza competenti per territorio.
Non potendosi comunque escludere il verificarsi di un imprevisto di qualsiasi natura, ne deriva la necessità di realizzare piani flessibili le cui variabili dovranno essere ben note alle diverse figure che compongono l’organizzazione.
Con la tanto attesa ripresa di concerti, fiere e manifestazioni varie, non potendosi escludere il proporsi di nuovi rischi, anche il comparto della sicurezza privata dovrà farsi trovare pronto per concorrere, nel rispetto dei ruoli e nello spirito di una preziosa collaborazione delle parti coinvolte, nelle peculiari attività con cui scongiurare in futuro qualsiasi possibilità di turbativa.
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